Dorian Cara

nuove forme di divulgazione dell’arte

La questione delle nuove tecnologie ed in generale dell’innovazione nelle discipline culturali mi incuriosisce molto.
Sarà per il fatto che la velocità con cui ci si deve muovere è alquanto destabilizzante. Oppure, sarà per il fatto che gli strumenti e metodi con cui abbiamo operato sino ad oggi appaiono superati ed inefficaci. Di certo, sarà di aiuto confrontarsi sulle proprie azioni e condividere le proprie esperienze.

Se nell’esperienza delle opere d’arte non si può prescindere dall’esperienza fisica e dal contatto umano tra le persone coinvolte, come si può mediare tutto questo con i nuovi strumenti digitali?

«Premesso che l’unica verità dell’esperienza avviene con il reale, ancor di più questa cosa è verosimile ed aderente per le opere d’arte. E’ come andare in un bosco e non sentire il canto degli uccellini o i profumi delle piante. Penso che il rapporto tra opera d’arte e suo goditore sia basilare, ma le contingenze dei tempi talvolta costringono a dover utilizzare altri strumenti per l’approccio e la conoscenza. Gli strumenti digitali ci permettono di suggestionare la conoscenza, riescono ad illudere di un possesso e di un contatto, ma è innegabile che il rapporto che si instaura tra sé e l’oggetto è unico e irripetibile. Questo vale ancora di più in questa epoca fatta di un bombardamento continuo di immagini. Lo strumento digitale, se ben usato, ha il vantaggio dell’immediatezza e della lettura agevole senza muoversi dalle nostre capanne.
Oltre a ciò, il piacere di essere guidati alla conoscenza da chi conosce è ulteriore beneficio.»

Spesso si pensa che la critica e la storia dell’arte non siano attività essenziali, magari sacrificabili sul piano economico rispetto ad altre attività. Tu cosa ne pensi?

«In un mondo che ormai legge poco e guarda molto e passivamente, storia e critica d’arte non se la passano bene, soprattutto se non si adeguano alle nuove forme di comunicazioni. Si pensi a quanti bravi ricercatori non avendo più lettori non scrivono più con il conseguente crollo dell’editoria di settore. Trovare gli spazi virtuali per affermare le proprie ricerche è difficile e ha scarsità di like. Abbastanza frustrante. Bisogna rimettersi in gioco guardando come il mondo cambia e cercare di adeguarsi ai nuovi linguaggi, più sintetici, suggestionati dalle immagini, stimolare gettando ami, che però siano lenza per un approfondimento, veicolabile con approfondimenti ed incontri reali possibilmente davanti all’arte. Chi ascolta rimane certamente sempre affascinato da chi conosce quello che spiega, e vale in tutti i campi della vita.
Nell’arte il vantaggio è che è sempre bella e se comunicata adeguatamente, sia in formato digitale che reale, dà sempre grandi soddisfazioni a tutti.»

Chiudo con un invito ad alimentare la propria curiosità, a gettare lo sguardo oltre il nostro orizzonte, come se fossimo perennemente in viaggio attraverso luoghi sconosciuti. Quale luogo consiglieresti di visitare almeno una volta nella vita?

«L’Alaska! Luogo dell’infinito, dove ci si sente veramente piccoli difronte alla potenza della natura. Superare la barriera del monitor e immergersi realmente in quello che è un mondo primordiale, ti dà la forza di rimettere in discussione le priorità dell’esistenza. Qui non ci sono antenne per la trasmissione dei miei post e dei selfie. Qui c’è l’alito puzzolente di pesce dei grizzly, il freddo delle notti di agosto, i ghiacciai che si ritirano e il Monte Denali che è il panorama più bello del mondo.»

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