viaggio a Copenaghen
Ci sono città che possiedono opere d’arte ingombranti. Talune lo sono perché infinitamente belle, altre lo sono per la notorietà acquisita nel tempo e non sempre dovuta alle loro qualità artistiche. Quest’ultimo gruppo di opere annovera grandi e piccole sculture, architetture bizzarre o incompiute, spazi urbani privi di carattere e molto altro.
Ogni qualvolta ci si trova ad aver a che fare con tali opere, sorge sempre il solito dubbio: varrà la pena visitarle, dedicando loro il nostro tempo (la risorsa più preziosa che possediamo)?
Anche Copenaghen convive con un’opera ingombrante: La statua della Sirenetta.
La Sirenetta, nei libri di storia dell’arte, non viene quasi mai annoverata tra le opere celebri per le sue qualità artistiche o per il suo valore storico. Tuttavia, dopo averla vista, ritengo che meriti qualche minuto del nostro tempo durante un soggiorno a Copenaghen. Ora vi spiego il perché.
Pubblico oggi questo articolo perché la statua venne mostrata al pubblico proprio in un giorno di fine agosto, nel lontano 1913. Mi è parsa una coincidenza utile per sognare le prossime vacanze, magari quando si potrà tornare a viaggiare con maggiore libertà e spensieratezza.
Bambini, birrai e banditi
Tutto ebbe inizio grazie ai Bambini. Infatti, la fiaba scritta da Hans Christian Andersen e pubblicata nel 1837 era destinata a loro.
In tutta onestà, io lessi il racconto per la prima volta qualche mese prima del viaggio e feci fatica a scacciare dalla mente le immagini sedimentate nella memoria dal celebre film Disney. Solo al ritorno da Copenaghen riuscii a immaginare paesaggi e scenari più affini alle atmosfere della fiaba originaria.
Dopo i bambini, arrivarono i birrai. Jacob Christian Jacobsen e il figlio Carl Jacobsen furono i fondatori dell’impero Carlsberg, oggi una delle società produttrici di birra tra le più quotate del mondo. La passione per l’arte dei due Jacobsen spinse Carl a commissionare la statua della Sirenetta per donarla alla città di Copenaghen. L’opera fu forgiata nel bronzo dallo scultore danese Edvard Eriksen.
Infine arrivarono – e continuano ad arrivare – i banditi. La povera Sirenetta subì danneggiamenti di ogni genere: decapitazioni, amputazione degli arti, esplosioni. Però, il peggiore tra tutti gli atti di violenza fu compiuto nel 2010, quando le autorità la inviarono a Shanghai per essere esposta presso il padiglione danese in occasione dell’Esposizione Universale.
Si sarà sicuramente sentita come un pesce fuor d’acqua!
«Si fece silenzio e quiete sulla nave, solo il timoniere rimase al timone, la sirenetta posò le braccia bianche al parapetto e cercò l’aurora a oriente, sapeva che il primo raggio di sole l’avrebbe uccisa.»
Hans Christian Andersen
In nessun altro luogo, solo a Copenaghen
E’ proprio questo il punto: ogni opera d’arte deve vivere nel contesto per la quale è stata ideata, e ha il diritto di trasformarsi assieme al luogo in cui è collocata.
Il fascino della Sirenetta, infatti, risiede proprio nel suo legame con il luogo: un tratto di banchina affacciata sul braccio di mare che attraversa Copenaghen, lontano dal cuore della città e di fronte a Copenhill, l’avveniristico termovalorizzatore della città disegnato di Bjarke Ingels.
La statua non è certo un caposaldo della storia dell’arte universale, tuttavia condensa in sé il meglio della Copenaghen di fine ottocento e ci invita a guardare il meglio della Copenaghen di questo inizio millennio.
Se vi capiterà di andare a visitare la statua, distogliete lo sguardo dal bronzo per guardare il paesaggio alle spalle della Sirenetta. Oltre il mare piatto e grigio – magari in una giornata di pioggia – uno scenario composto da ciminiere ed edifici industriali aiuterà a cancellare il romanticismo commerciale Disney per riportarvi alla malinconia originaria di Andersen.
Infine, concentratevi su quell’edificio dalla forma bizzarra: non è altro che l’inceneritore della città ideato per diventare un luogo urbano, al di là della sua funzione tecnologica.
Quell’inceneritore assomiglia al principe tanto desiderato dalla Sirenetta e identifica il desiderio – forse irraggiungibile – di azzerare l’impatto ecologico dell’uomo su questo pianeta.
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